Chi è entrato all’Ospedale San Martino, per bisogno proprio o per assistere o per far visita a parenti ed amici, si è reso conto di una organizzazione complessa, una macchina gigantesca con mille dispositivi, ognuno al suo posto, ognuno funzionante 24 ore su 24.
Per la mia esperienza posso dire che il personale esprime una grande professionalità ed ognuno, dal primario al più semplice ausiliario, si prodiga non solo per curarti ma per farti star il meglio possibile, quasi si trattasse di un albergo.

Tra tante situazioni di crisi che investono anche la società bellunese, nel lavoro e nell’economia delle famiglie, tra tante carenze che riguardano la città come forma urbana, che vorremmo migliore nell’aspetto e nella dotazione di servizi, l’Ospedale San Martino si staglia e distingue come un’isola esemplare; l’Ospedale per molti abitanti della provincia ha rappresentato e rappresenta il senso della città, il rapporto con Belluno.
Questa è il mio personale sentire; ho pur vissuto il dramma di accompagnare all’Ospedale persone care poi sopraffatte dalla malattia; ma ho anche vissuto l’emozione di guarigioni, tante e importanti, quasi miracolose, di famigliari molto vicini, di amici.

Per questo quando penso all’Ospedale penso ad un posto sicuro, al più tangibile segno di civiltà, per il quale credo ognuno dovrebbe sentirsi civicamente impegnato.
Per questo, da tecnico, trovo inaudito e incomprensibile quanto accaduto lunedì 21 dicembre, quando, per mancanza di corrente elettrica tutto il blocco chirurgico è stato evacuato; se ho ben compreso, siamo stati graziati dalla sorte; cosa sarebbe accaduto se le sale operatorie fossero state in attività?
L’Ospedale, come edificio, dovrebbe essere costruito con la massima robustezza per resistere al più catastrofico dei terremoti. E gli impianti non dovrebbero essere concepiti in sistemi e spazi tenendo conto di ogni eventualità di guasto? Nel caso di guasti di qualsiasi natura, non dovrebbero esserci dispositivi sostitutivi di immediato funzionamento?

Certamente l’accaduto fornirà alla Direzione motivo per perfezionare, modificare o integrare quanto serve.
Dopo “l’unità di crisi”, dopo il “plauso” per come lo stato di emergenza è stato affrontato dal personale ospedaliero, dai Vigili del Fuoco, dai volontari, ecc., dopo la riparazione dei guasti e la rimessa in funzione dei reparti, da cittadino sarei felice di sentire che si procederà con un progetto di adeguamento impiantistico e si finanzieranno i relativi lavori.
Con attenzione, almeno per l’Ospedale, alla qualità del progetto ed alla garanzia di buona esecuzione.
Rendendoci conto che la priorità va data “alla qualità del progetto e corretta esecuzione dei lavori” oggi purtroppo messi in secondo piano, dopo scandalose ricerche del massimo ribasso economico imposto a professionisti e imprese, con ciò creando le premesse per scarsa qualità e difetti nei lavori, dimenticando cosa significhi “costruire a regola d’arte”.

Arch. Flavio Bona