Vi ricordate la prima battaglia del larice?
Per il testo completo vedi: https://www.archforumbelluno.it/blog/la-battaglia-del-larice/


La preparazione
Questa è la narrazione della seconda battaglia del larice, che ho combattuto armato con le tavole ricavate dai tronchi, scampati alla destinazione pellets, e quattro murali 12x14, tagliati “in quarta”, appartenenti a un larice caduto durante la prima battaglia.
Tagliato “in quarta” significa che i quattro travetti appartengono allo stesso tronco. Sin qui niente di speciale, una normale operazione di segheria. Ma prima di metterli a essiccare, su due di essi ho inserito otto spine in larice con diametro 10 mm, due per lato in ogni testa. Gli altri due li ho lasciati così come usciti dalla segheria.

Li ho allineati in direzione est-ovest e messi al riparo sotto una terrazza a una quota d'imposta di circa 1,5 m da terra sopra una catasta di tavole, sempre in larice. La posizione partendo dall'esterno è la seguente, il primo è uno di quelli con le spine, il secondo e il terzo sono quelli senza spine e il quarto quello con le spine. La distanza tra ogni travetto è di circa 10-12 cm. In pratica il primo travetto prende il sole diretto sul lato lungo esposto a sud, mentre gli altri sono via via sempre più riparati. Il taglio è avvenuto in aprile e poco dopo, circa 15 giorni, ho messo le spine e li ho posizionati per l'essiccatura naturale. Dopo circa sette mesi questi sono i risultati.

Il primo, quello esposto al sole e spinato, presenta le tipiche fessure longitudinali di 3-4-mm a livello delle fibre e dei nodi ma è rimasto dritto, il secondo e terzo non solo hanno fessurato ma si sono 'invergolati' in modo tanto consistente da renderli inutilizzabili come murali, il quarto non ha fessurato ed è rimasto dritto come appena segato al punto da sembrare un gigantesco biscotto. Le tavole si sono incurvate come previsto, comunque hanno mantenuto una forma che le rende lavorabili.

Tutto a posto, sono pronto per la seconda battaglia. Ora devo affrontare il falegname, anzi i falegnami.

Lo scontro frontale

Il primo è un italo-argentino, un emigrante di ritorno, che ha ripreso l'attività che fu di suo zio. Lo conoscevo bene e mi pareva carino aiutarlo e sostenerlo in questa sua iniziativa coraggiosa. Gli ho commissionato un tavolo con due panche lunghe e due corte. Ho voluto che fosse assemblato senza viti ma solo con spine, anch'esse di larice. Il lavoro non è venuto male, la finitura della superficie, del tipo spazzolato, l'ho eseguita io in un secondo tempo. L'ho sistemato nella sala della casa in montagna. A tutt'oggi mia moglie non sa il prezzo che l'ho pagato... uno sproposito. Spero non venga mai a saperlo. Comunque sia, è un lavoro fatto.
Dopo poco tempo questo falegname ha chiuso il laboratorio, così la ricerca al sostituto è ripartita.

Dovevo ricavare delle tavolette per sostituire quelle di un parapetto, sempre in larice. C'erano poi da rifare alcuni longheroni di supporto alle tavolette e parte del corrimano. Durante il “casting” con gli altri falegnami, imperversava come un tormentone la definizione: “la fibra larga, la fibra stretta”. Risuonava ormai come il ritornello di una canzone, intervallato da giudizi che spaziavano dal concetto ...“al fa 'l caròl”, per passare alla “...porcheria” e giungere fino a “...qua non se fa 'n casso”. Così veniva bistrattato il mio larice dalla fibra larga, messo alla berlina dal paragone con quello a fibra stretta che in una falegnameria non manca mai. Ogni tanto sfuggiva un... ”però l'a 'n bel color”. Nulla più.

Tavolo con panche in larice

Ho solo due carte da giocare: la prima è quella di prendermi, come sempre, la responsabilità del risultato finale, la seconda è quella che pago il lavoro anche in anticipo. Ma non erano sempre sufficienti. Finché ho trovato un falegname, ex vicino di casa, che mi ha dato la disponibilità a eseguire ciò che gli chiedevo, purché non avessi fretta. Per carità! Se alla fibra larga aggiungo anche la fretta, l'impresa da titanica diventa impossibile. No no, con comodo e...”a ore perse”. Rispondeva ai messaggi, dopo ripetute sollecitazioni, dopo 15 giorni...”scusa ma ere all'estero.”
Nel frattempo aveva perso la carta con le misure e dopo un anno, incalzato dalla mie sempre meno
cortesi sollecitazione, mi disse: “No o temp, te mande da 'n tosat bravo, fa 'l cont che sie mi, che...”
Basta così, soprattutto al pensiero che sia come lui. Passato qualche giorno e dopo aver trovato il terzo falegname, sono andato a riprendermi le tavole.

Mensole in larice

“Te le fae fora par l'inverno quando che o qualche bus...parché no o pi voia de far an porco...”.
Questo l'esordio prima della presentazione con stretta di mano. Cominciamo bene, pensai, ma cosa posso fare? In fin dei conti la casa durante l'inverno è chiusa. Mi resta solo da sperare che i...bus siano reali e di portata sufficiente. Lo rassicuro che non ho fretta, però per fine marzo vorrei aver terminato il lavoro. Non ho avuto il coraggio di chiedergli un preventivo, sono stato sulla fiducia.
A fine aprile le tavolette erano pronte... “me ere quasi desmentegà.” È stato quasi di parola. O quando che te vol...

Ora bastava solo sistemare i longheroni e il parapetto, altrimenti non potevo metterle in opera.
L'avevo rassicurato che pian pianino me le sarei fissate io senza dargli questa incombenza. “Allora quando pensi di venire a sistemare i supporti?” gli chiesi fiducioso. “Quando che te vol..., doman no parché o da 'ndar a Feltre, fon marti prosimo...”.
Lunedì: “Doman piove, l'e meio che vedon par vendar... o quando che te vol...”.
Giovedì: “Porco can doman o n'funeral no pos mancar, ne toca far mercol de la prosima setimana...
o quando che te vol...”.
Martedì: “Doman i a mes fret, speton ancora qualche dì, se podaria far vendar o anca sabo matina...
o quando che te vol...”.
Giovedì: “O 'n cin de serament e rafredor, se senton luni par marti...o quando che te vol...”.
Lunedì. “O da far fora na scala se no i me copa. Bisogna che 'n done ala prosima setimana, magari...si si va ben mercol... o quando che te vol...”.
All'ennesimo “o quando che te vol”, il mio sistema nervoso crollò. Ero quasi tentato di alzare bandiera bianca. Ogni volta che sul diplay del cellulare compariva il suo nome, aspettavo rassegnato la richiesta di rinvio. Finché un giorno lo anticipai e, prima ancora di sentire il motivo, gli dissi ...“quando che te vol...”.

Parapetto in larice a Tambred'Alpago

Fu la volta buona, venne con l'attrezzatura necessaria e in mezza giornata il lavoro fu completato.
Due giorni dopo fissai le tavolette, mancava solo il corrimano che fu posto in opera dopo altri tre
giorni. 
La seconda e ultima battaglia del larice si conclude qui. L'ho vinta, l'ho persa? Non lo so.
Quello che so è che l'ho combattuta fino in fondo senza mollare, lasciando sul campo soldi, salute e
tempo. Per contro, sono sopravvissuto e ho portato dentro casa il larice, con il profumo della sua
resina, trasformato in oggetti utili e massicci costruiti per durare nel tempo, anche con la fibra larga.

Arnelio Giovanni Bortoluzzi
Forum per l'architettura della provincia di Belluno
19 maggio 2023
P.S. Attualmente il prezzo di mercato del larice a fibra larga è di 1.200 €/m3

Scrivanie dello Studio

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