Recentemente è stato inaugurato, per la seconda volta, il Ponte degli Alpini, struttura viaria indispensabile per la viabilità della città di Belluno. Diamo merito alle maestranze, ai tecnici ed all’Amministrazione Comunale per aver contenuto al massimo i disagi causati da questo intervento non più rinviabile. Ricordo che alla vigilia dei lavori e delle fasi progettuali sembrava inevitabile la chiusura e, in questo caso, qualsiasi soluzione avrebbe avuto sul traffico cittadino un effetto catastrofico.

Ma perché a distanza di neanche 40 anni si sono dovuti spendere 3 milioni di euro per garantire la sicurezza di una struttura che, ragionevolmente, non avrebbe dovuto causare tutti questi problemi?

I motivi principali ce li spiega l’ing. Tenani Antonio:
- “Il primo punto riguarda il deterioramento della struttura. L’aspetto più critico del Ponte degli Alpini (prima dell’intervento di adeguamento) era legato alla tipologia degli appoggi delle travi prefabbricate sui pulvini delle pile; si trattava di appoggi a contatto diretto essenzialmente di due tipi, uno a doppia piastra metallica con interposizione di un foglio di scorrimento (la piastra inferiore adagiata su un letto di malta), l’altro con unica piastra metallica su letto di malta. Questi due tipi di vincolo erano distribuiti senza un criterio ben preciso tra spalle e pile, e ciò ha determinato nel tempo una distribuzione irregolare delle deformazioni dell’impalcato per effetto degli accorciamenti progressivi (ritiro e viscosità) ed alternanti variazioni termiche tra i giunti delle campate, producendo delle coazioni sbilanciate da pila a pila (con l’impossibilità pertanto di una ricostruzione teorica dell’evoluzione temporale della reale entità di tali forze). Altri particolari deterioramenti, per quanto a conoscenza, non erano presenti sulla struttura, se non quelli tipici di strutture risalenti a quell’epoca anche se i livelli di carbonatazione del calcestruzzo rilevati dalle indagini eseguite su pile ed impalcato erano alquanto contenuti, un po’ più marcati sulle spalle; la corrosione delle armature era limitata ai pochi casi di assenza di copriferro in corrispondenza degli intradossi delle travi o su qualche colonna delle pile; le indagini hanno rilevato soddisfacenti qualità dei calcestruzzi, sia in opera che prefabbricati; non sono stati rilevati fenomeni di perdite anomale di precompressione nelle travi prefabbricate.”
- “Il secondo punto riguarda l’adeguamento alla normativa in materia sismica. Come è noto l’entrata in vigore dell’ O.P.C.M. n. 3274 del 20.03.2003, unitamente alle numerose successive proroghe ed integrazioni, ha imposto a tutti i proprietari di edifici e opere infrastrutturali di interesse strategico e rilevanti, progettate in base alle norme tecniche vigenti prima del 1984, la verifica e l’eventuale adeguamento in base ai criteri presenti nella nuova normativa. Se si considera che la progettazione del Ponte degli Alpini è antecedente all’entrata in vigore sia della L.1086/71 che della L. 64/74 risulta evidente come l’applicazione dei nuovi criteri di verifica abbia avuto un considerevole impatto sulla progettazione degli interventi di adeguamento. Si tenga presente che nel caso di ponti come quello in argomento l’adeguamento non riguarda solamente gli aspetti legati alle questioni sismiche, ma anche quello relativo ai sovraccarichi mobili la cui entità, e frequenza, è vertiginosamente aumentata negli ultimi anni con conseguente adeguamento dei codici normativi.”

E’ possibile che questo ponte diventi, oltre al simbolo degli Alpini, anche un simbolo della città di Belluno. Ci auguriamo, per contro, che si presti sempre maggior attenzione e professionalità ai dettagli costruttivi nei lavori pubblici e che gli stessi ritornino ad essere di esempio a quelli privati e non siano solamente semplici operazioni contabili, generatrici di debiti verso le nuove generazioni di contribuenti. Ci auguriamo altresì che l’adeguamento alla normativa sismica si estenda anche alle altre infrastrutture di interesse strategico e rilevante, presenti nel territorio. Le risorse economiche? Il terremoto dell’Aquila le ha trovate.

Arnelio Giovanni Bortoluzzi