In questa vicenda ARPAV è come quell'insegnante di educazione fisica che, con la sigaretta accesa in bocca, spiega ai propri allievi che il fumo fa male e provoca il tumore. Questa storia non è personale, la voglio raccontare perché diventi patrimonio di tutti.

Geotech è il nome che ho voluto dare all'edificio, parte del quale avrebbe dovuto essere la sede di ARPAV ed in particolare del Dipartimento per la Sicurezza del Territorio. Geotech, perché da fonti rinnovabili quali la terra e il sole, trae l'energia necessaria per il suo funzionamento. Geotermia con pompe di calore e fotovoltaico, classe energetica “A”. Niente metano, niente gasolio e, di conseguenza, nessuna emissione di CO2 in atmosfera.Strutturalmente è considerato di tipo strategico e costruito, per lungimiranza e non per obbligo, con la nuovissima legge in materia sismica. L'ARPAV ne acquistò una porzione con contratto preliminare di compravendita con esposti i costi, la cui congruità è stata verificata ed approvata dall'Agenzia del Territorio con comunicazione n.7097 del 30.09.2008 e non stabiliti con accordi carbonari tipo quelli che giornalmente salgono agli onori della cronaca. Questo per tacitare i soliti sospettosi, quelli falliti dentro, che esprimono sui “sentito dire” concetti fumosi senza fondamento.

Orgoglioso di aver progettato e diretto i lavori, terminati in anticipo senza nessun aumento di spesa a fronte di migliorie apportate in termini di qualità. Un doveroso grazie al mio committente, ai miei collaboratori, agli operai ed alle ditte che tanto impegno, capacità e passione hanno messo in questa opera. Queste persone ci sono ancora, è l'Italia invisibile che lavora.

Di recente però, con sorpresa, ARPAV lo pone in vendita. Decide che questo fabbricato è un inutile spreco da additare a pubblica gogna, la politica locale scende in campo a difesa dei laboratori e dei posti di lavoro, o meglio, della cultura dei posti di lavoro, al pari dei sindacati. Il nuovo edificio non interessa, in barba ai discorsi ed ai proclami, evidentemente obbligati dalle circostanze, che si sentono nei convegni che trattano l'efficienza energetica.

Pare quindi che, a livello istituzionale, non importi a nessuno se i funzionari che dovevano occupare gli uffici di Geotech sono stati stipati, assieme a quelli già presenti, nel vecchio fabbricato in evidente progressivo degrado. Perde acqua dal tetto, le finestre degli ambienti riscaldati sono di quelle che non si mettono più nemmeno nelle cantine, i muri non sono sufficientemente isolati, i consumi per il riscaldamento vertiginosi così come le emissioni in atmosfera dei fumi di combustione.

Come cittadino bellunese, e non per interesse personale, difendo la scelta iniziale di ARPAV di dotarsi di una sede moderna, all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, impiantistico, logistico e antisismico con previsione, oramai perduta, di trovare una collocazione anche per la Protezione Civile. Per quello che il territorio bellunese ha dato e continua a dare alla nostra Regione, una struttura di questo tipo sarebbe stato un segno tangibile di una volontà di riconoscere a Belluno, non solo a parole, un meritato ruolo a difesa dell'ambiente e del territorio. Un fiore all'occhiello per il capoluogo delle Dolomiti. La decisione di vendere la nuova sede, pronta all'uso, è il segno di una società che vive alla giornata e non riesce a disegnare un futuro per le nuove generazioni. E' evidente.

Cito un pensiero, tratto dal suo sito, del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, un pensiero condivisibile al di là degli schieramenti politici..."Inoltre dobbiamo prendere esempio dalla Germania, che, pur godendo di condizioni meno favorevoli rispetto all'Italia per quanto riguarda, ad esempio, l'utilizzo del fotovoltaico, ha puntato sull'energia pulita da fonti rinnovabili: questo deve essere anche il nostro futuro investimento nei prossimi decenni”.

Presidente, io sono d'accordo, ma seguano i fatti.

Arnelio Giovanni Bortoluzzi
architetto

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