La montagna, il legno: casa, calore, energia - Longaronefiere 25 febbraio 2011

 

LA CULTURA ABITATIVA DEL LEGNO NELL'AREA ALPINA

(Arch. Flavio BONA - ArchForumBelluno)

 

Costruire con il legno nella montagna bellunese.

E qui si impone una prima forte distinzione, la stessa assunta dai GAL, i Gruppi di Azione Locale, che vede la nostra provincia divisa in due macro aree:

  • la parte meridionale con l'Alpago, la Valbelluna, il Feltrino;
  • la parte settentrionale:
  • con le valli occidentali dell'agordino e alto Cordevole;
  • la parte intermedia con il canale del Piave, lo zoldano, la Val Fiorentina, il basso Cadore;
  • la zona di confine con l'alto Cadore, l'ampezzano, il Comelico e la valle di Sappada.

 

Distinzione che si riflette nelle tipologie insediative, evidente nella parte bassa della provincia per la presenza di Belluno e Feltre con la loro capacità di propagare l'architettura di città; ma soprattutto per il prevalere della cultura veneta ove il legno, pur fondamentale, è pressoché limitato agli orizzontamenti dei solai e degli aggetti e nelle strutture portanti della copertura.

 

Anche nel resto della provincia - nella montagna bellunese - da molti anni gli insediamenti si sono trasformati con il prevalente impiego di muratura di pietra, sia negli edifici di interesse collettivo, che nelle abitazioni.

Anche qui il legno è di norma limitato ai solai, alle coperture, per ballatoi e loggiati - ma vi è qui una caratterizzazione vistosa e propria di quest'area che connota interi versanti vallivi e talora gli stessi insediamenti abitativi: migliaia di costruzioni rurali adibite a stalla/fienile realizzate pressoché interamente in legno, con tecniche varie, dove il legno assolve sia a funzioni strutturali sia al tamponamento ed alla finitura.

 

Stalle e fienili, ma anche pertinenze alle abitazioni e costruzioni accessorie minori, per allevamenti di animali da cortile o per ricoveri temporanei; piccole costruzioni per depositi di foraggio o legna da ardere.

 

Le abitazioni storiche in legno si sono conservate principalmente nelle aree di confine nelle borgate di Sappada e a Costalta in comune di San Pietro di Cadore.

 

Rarissimi gli esemplari in altre contrade del Comelico - per il resto le case in legno sono solo un ricordo - un ricordo tangibile soprattutto per i paesi devastati dall'incendio e ricostruiti integralmente in muratura sulla base di piani urbanistici esecutivi e su tipologie standardizzate: i cosiddetti "piani di rifabbrico".

 

Studiosi, tra i quali l'architetto Gellner, hanno sostenuto la tesi che identifica in una matrice culturale romana il costruire in pietra, con carattere di durevole permanenza, contrapposta ad una cultura di derivazione nordica, più propensa al nomadismo, che avrebbe privilegiato l'uso del legno; la sedimentazione tipologica e materica ancora rinvenibile nel baluardo alpino rappresenterebbe l’esito dell’incontro di queste due culture.

 

L’ipotesi è suggestiva ed ha avuto sicuramente un ruolo nel diffondere l’uso del legno nelle nostre montagne; tuttavia la causa prima credo vada cercata nella disponibilità e facilità di lavorazione ed assemblaggio del legno rispetto alla maggior cura e tecnica costruttiva richiesta per la muratura realizzata con pietra e malta di calce; l'impiego della muratura è sempre apparso come la soluzione più durevole, decorosa, più adatta alle funzioni abitative e in sostanza definitiva; questo spiegherebbe l'evoluzione nella trasformazione dei paesi anche dove risparmiati dall'incendio, con processi di rifabbrico preventivo ma anche per una spontanea adesione delle comunità a quello che, storicamente, è stato vissuto come un ammodernamento migliorativo, con l'adeguamento tecnico e funzionale degli spazi, progressivamente portando all'interno della compagine murata anche le funzioni che – in una prima fase - erano situate all'esterno quali ad esempio le scale, i ballatoi di servizio e accesso ai vani, le latrine, ecc.

Quasi un secolo è durato il processo di progressiva riduzione dell’uso di legno nella costruzione di abitazioni - circa da metà '800 a metà '900 – mentre tale uso si è conservato integralmente aggiornando le tecniche costruttive per le costruzioni rurali, per le stalle/fienili e per costruzioni accessorie minori.

 

Da metà '900 con la rinascita postbellica ma soprattutto per il generale coinvolgimento nel processo di trasformazione sociale ed economica successiva al 1960, il legno è ricomparso in tutti gli edifici, nelle abitazioni come per ogni altra destinazione.

 

Anzi si è imposta l'idea che la più adatta tipologia architettonica per la montagna dovesse prevedere, assieme al tetto bifalde, un notevole uso di legno in vista; legno per poggioli, per balconi, per serramenti di porte e finestre, e possibilmente anche per vaste superfici di rivestimento; legno spesso colorato, mordenzato, verniciato, restituendo nell’insieme una caotica varietà rispetto al valore dell’omogeneità percettiva che il legno propone negli insediamenti storici.

 

Si è imposta, ultimamente, una "architettura dell'apparenza" indipendente dalla sostanza; il legno come rivestimento; come materiale indispensabile per la creazione di scenografie paesaggistiche sulle quali si è voluto - o creduto - di poter rappresentare caratteri identitari delle comunità, in ciò sostenuti ed incoraggiati dalle Imprese, dalle Immobiliari, dalle Agenzie Turistiche, dai regolamenti comunali, ma anche da un errato ruolo etico e professionale di noi tecnici progettisti nel momento in cui ci siamo dichiarati “portavoce del committente” anziché esserne interpreti dei bisogni e guida nella ricerca della più giusta soluzione nel nostro tempo.

 

Comunque tutti assieme, salvo rare eccezioni, dobbiamo riconoscerci responsabili nel aver veicolato un presunto gusto ed aspettativa del turista che riconoscerebbe in queste proposte l'autentico spirito della montagna; e in conseguenza una certa deriva e confusione identitaria che ha contaminato anche le popolazioni autoctone, ora per lo più incapaci di distinguere la loro autentica eredità culturale.

 

Non voglio ripetere una trita polemica ma esprimere un'autocritica per l'insufficiente capacità/possibilità di reazione rispetto alle occasioni fornite nella crescita edilizia dei decenni trascorsi, un’autocritica che forse ora è superflua, giacchè i segni di una nuova coscienza critica del costruire in montagna si stanno diffondendo ovunque e – mi sembra, sufficiente questa coscienza, ed il conseguente riferimento alla storia ed alle tradizioni    però rifiutando il conservatorismo nostalgico, per raggiungere una integrale reinvenzione della nostra tradizione (come ci ricordava tempo fa la prof.ssa Luisa Bonesio):

"inventare non tanto nel senso dell'escogitazione artificiale e della pratica ibridante così diffuse oggi, quanto in quello dell'invenire, del ritrovare le tracce e i frammenti di patrimoni culturali e simbolici gravemente danneggiati dall'ondata della modernizzazione, per farli di nuovo agire, nel contesto attuale, così da poter mantenere un profilo culturale singolare e riconoscibile, una differenzialità accanto ad altre specifiche fisionomie...".

 

Con questi intendimenti oggi possiamo  ripensare e riproporre l’idea della casa in legno; si tratta di far rinvenire un’attitudine antica ma assieme a questo si tratta di riscoprire il senso del costruire in un rapporto ecologico complessivo che veda nella casa una componente di totale compatibilità: sia nella fase di approvvigionamento dei materiali e loro messa in opera; sia per l’intero ciclo di vita dell’edificio; sia – alla fine – con la rimozione, dismissione e smaltimento degli elementi costruttivi che risultassero inservibili.

 

La casa in legno a cui possiamo oggi pensare risponde con il più pertinente assetto tipologico e costruttivo al modello planivolumetrico contemplato dagli strumenti urbanistici dei nostri comuni montani e certamente la casa in legno risulta compatibile con gli esiti paesaggistici immaginati dagli stessi piani.

 

In altre parole, le tipologie ricorrenti e attualmente realizzate, possono parimenti essere realizzate in legno, fornendo ulteriori garanzie e requisiti:

  • migliore prestazione antisismica;
  • migliore prestazione energetica;
  • migliore comfort abitativo.

Le Aziende (molte e valide presenti in Fiera), che offrono la costruzione di case in legno vi aggiungono anche altri requisiti,    tra cui:

  • possibilità di scelta su modello;
  • possibilità di realizzazione su progetto personale;
  • riduzione dei tempi di esecuzione;
  • totale osservanza del preventivo di spesa;
  • garanzia sull’ottenimento/mantenimento dei requisiti prestazionali prefissati;
  • altro ancora.

 

In considerazione dello stato congiunturale in essere e della sua probabile evoluzione nel tempo il costo della casa è fattore preponderante e decisivo.

 

Sempre più ridotte fasce di popolazione possono accedere alla casa, mentre comunque cresce il bisogno di abitazioni: ancora una volta la “QUESTIONE DELLE ABITAZIONI” investe il livello di civiltà di una nazione.

 

Dobbiamo riconoscere che la casa in legno, oggi offerta dal mercato, ha un costo uguale, se non superiore, alla casa costruita con altre tecnologie; questa è la prima impressione che si ricava dal confronto.

È possibile che, in questa analisi, persista una certa ignoranza che porta ad eludere una serie di voci di costo più o meno occulte che, una volta svelate evidenzierebbero comunque un vantaggio per la costruzione in legno.

 

Tuttavia il fattore culturale ricordato prima ma soprattutto il costo rappresentano fattori deterrenti che si dovrebbe poter rimuovere; la casa in legno dovrebbe costare meno, molto meno, e la sua affermazione dovrebbe essere incoraggiata da revisioni normative che facilitino il rapporto tra le varie componenti (Aziende, progettisti, costruttori) e su specifiche fasi di cantiere, facilitare anche l’autocostruzione.

 

È questa una sfida i cui presupposti ed effetti in parte mi sfuggono; è evidente l’elevato sviluppo tecnologico delle Aziende oggi sul mercato e la quasi perfezione delle Loro proposte; è quindi forse presuntuoso da parte mia immaginare che uguali prestazioni possano costare meno.

 

Tuttavia è istruttivo ricordare l’esperienza nata e sviluppata in Vorarlberg a partire dal 1970 circa, dove l’alleanza e collaborazione tra aziende produttrici di semilavorati in legno, tra carpentieri e progettisti, in collaborazione cogestione con i committenti, hanno dato vita ad un movimento il cui successo è dipeso proprio dalla scarsità di risorse economiche e di finanziamento che li portò ad escogitare nuovi sistemi costruttivi e nuove tipologie che – nel tempo – hanno caratterizzato e reso famosa a livello mondiale la Loro regione.

 

L’esperienza del Vorarlberg fondava le proprie radici in una storica tradizione per le costruzioni in legno, analoga a quella della nostra montagna bellunese; ma la loro tradizione l’hanno fortemente innovata progettando sistemi costruttivi di veloce realizzazione, assecondando la massima flessibilità nella disposizione degli ambienti, assumendo il criterio del minimo consumo di energia, favorendo l’utilizzo passivo di energia solare e l’uso di impianti solari e geotermici per la climatizzazione.

 

L’industria del legno ha corrisposto con grande interesse e flessibilità alle nuove esigenze degli architetti, sviluppando una vasta e innovativa gamma di semilavorati; industrie e tecnici si sono vicendevolmente istruiti e perfezionati e reciprocamente hanno usufruito dei vantaggi di questa comune ricerca.

 

Evidentemente anche questo spiega il nostro interesse per il partner austriaco in progetti come “Explore B2B” di questo convegno, così come il primato austriaco nelle proposte per case in legno.

 

Ma in provincia di Belluno è fattibile una simile alleanza per verificare la possibilità di una valida e più economica casa in legno?

 

È possibile avviare un processo di collaborazione con questi intenti?

 

Le aziende bellunesi del settore legno e i tecnici progettisti troveranno le motivazioni e l’entusiasmo per attivare assieme una ricerca con questi obiettivi?

 

Magari anche in vista di un premio: “premio per la migliore costruzione in legno” o meglio: “premio per la migliore e più economica costruzione in legno”!!

 

Mi avvio alla conclusione ma trattando di legno è necessario un accenno alle modalità di verifica e per ravvivare quella che è definita la “filiera corta” che provo ad esporre con alcune domande.

 

Per la riduzione dei tempi di approvvigionamento, per la promozione delle aziende boschive locali con attenzione al miglioramento dei livelli occupazionali sembra ovvio l’interesse all’uso di essenze legnose locali, allo sfruttamento massimo possibile dei nostri boschi.

 

Qual è la quantità e qualità del legname potenzialmente estraibile dai boschi bellunesi?

 

Quanto della potenziale produzione è ascrivibile ad essenze pregiate (per serramenti, rivestimenti, ecc.), quanto per carpenteria (strutture portanti), quanto per usi secondari e per biomasse?

 

Che rapporto c’è tra il legname estraibile dai boschi bellunesi e l’entità (produttiva e commerciale) delle aziende locali?

 

In che misura e per quali motivazioni si giustifica l’importazione di legname da territori non bellunesi?

 

Qual è l’assetto e la consistenza delle aziende del settore in rapporto al massimo sviluppo potenziale del settore?

 

Per lo sfruttamento dei boschi bellunesi molte incongruenze derivano dal talora confuso ed ambiguo svolgimento di ruoli tra le Regole (quali Enti proprietari) e il Comune amministrativo di appartenenza.

Le sole leggi del libero mercato e della globalizzazione non sono state in grado di soddisfare le esigenze del settore, così come per altre fondamentali questioni della nostra convivenza civile; è evidente che qualcosa non funziona se i nostri operatori non sono in grado di acquistare il legname locale e devono importarlo da fuori; si impone la necessità di un nuovo ruolo della politica che, nel settore, deve farsi carico di determinare una convenienza diffusa per l’affermazione della “FILIERA CORTA” che la ragione ed il buon senso direbbero economicamente più vantaggiosa.

 

A nome dell’Associazione Culturale Forum per l’Architettura concludo auspicando che già da questo convegno possano scaturire delle risposte.

E comunque auspico che i vari attori coinvolti nel settore legno trovino il modo per rincontrarsi a breve, per costruire una collaborazione attiva e noi, per la nostra parte, già anticipiamo disponibilità ed interesse.

Flavio Bona architetto

La montagna, il legno: casa, calore, energia - Longaronefiere 25 febbraio 2011

 

LA CULTURA ABITATIVA DEL LEGNO NELL'AREA ALPINA

(Arch. Flavio BONA - ArchForumBelluno)

 

Costruire con il legno nella montagna bellunese.

E qui si impone una prima forte distinzione, la stessa assunta dai GAL, i Gruppi di Azione Locale, che vede la nostra provincia divisa in due macro aree:

  • la parte meridionale con l'Alpago, la Valbelluna, il Feltrino;
  • la parte settentrionale:
  • con le valli occidentali dell'agordino e alto Cordevole;
  • la parte intermedia con il canale del Piave, lo zoldano, la Val Fiorentina, il basso Cadore;
  • la zona di confine con l'alto Cadore, l'ampezzano, il Comelico e la valle di Sappada.

 

Distinzione che si riflette nelle tipologie insediative, evidente nella parte bassa della provincia per la presenza di Belluno e Feltre con la loro capacità di propagare l'architettura di città; ma soprattutto per il prevalere della cultura veneta ove il legno, pur fondamentale, è pressoché limitato agli orizzontamenti dei solai e degli aggetti e nelle strutture portanti della copertura.

 

Anche nel resto della provincia - nella montagna bellunese - da molti anni gli insediamenti si sono trasformati con il prevalente impiego di muratura di pietra, sia negli edifici di interesse collettivo, che nelle abitazioni.

Anche qui il legno è di norma limitato ai solai, alle coperture, per ballatoi e loggiati - ma vi è qui una caratterizzazione vistosa e propria di quest'area che connota interi versanti vallivi e talora gli stessi insediamenti abitativi: migliaia di costruzioni rurali adibite a stalla/fienile realizzate pressoché interamente in legno, con tecniche varie, dove il legno assolve sia a funzioni strutturali sia al tamponamento ed alla finitura.

 

Stalle e fienili, ma anche pertinenze alle abitazioni e costruzioni accessorie minori, per allevamenti di animali da cortile o per ricoveri temporanei; piccole costruzioni per depositi di foraggio o legna da ardere.

 

Le abitazioni storiche in legno si sono conservate principalmente nelle aree di confine nelle borgate di Sappada e a Costalta in comune di San Pietro di Cadore.

 

Rarissimi gli esemplari in altre contrade del Comelico - per il resto le case in legno sono solo un ricordo - un ricordo tangibile soprattutto per i paesi devastati dall'incendio e ricostruiti integralmente in muratura sulla base di piani urbanistici esecutivi e su tipologie standardizzate: i cosiddetti "piani di rifabbrico".

 

Studiosi, tra i quali l'architetto Gellner, hanno sostenuto la tesi che identifica in una matrice culturale romana il costruire in pietra, con carattere di durevole permanenza, contrapposta ad una cultura di derivazione nordica, più propensa al nomadismo, che avrebbe privilegiato l'uso del legno; la sedimentazione tipologica e materica ancora rinvenibile nel baluardo alpino rappresenterebbe l’esito dell’incontro di queste due culture.

 

L’ipotesi è suggestiva ed ha avuto sicuramente un ruolo nel diffondere l’uso del legno nelle nostre montagne; tuttavia la causa prima credo vada cercata nella disponibilità e facilità di lavorazione ed assemblaggio del legno rispetto alla maggior cura e tecnica costruttiva richiesta per la muratura realizzata con pietra e malta di calce; l'impiego della muratura è sempre apparso come la soluzione più durevole, decorosa, più adatta alle funzioni abitative e in sostanza definitiva; questo spiegherebbe l'evoluzione nella trasformazione dei paesi anche dove risparmiati dall'incendio, con processi di rifabbrico preventivo ma anche per una spontanea adesione delle comunità a quello che, storicamente, è stato vissuto come un ammodernamento migliorativo, con l'adeguamento tecnico e funzionale degli spazi, progressivamente portando all'interno della compagine murata anche le funzioni che – in una prima fase - erano situate all'esterno quali ad esempio le scale, i ballatoi di servizio e accesso ai vani, le latrine, ecc.

Quasi un secolo è durato il processo di progressiva riduzione dell’uso di legno nella costruzione di abitazioni - circa da metà '800 a metà '900 – mentre tale uso si è conservato integralmente aggiornando le tecniche costruttive per le costruzioni rurali, per le stalle/fienili e per costruzioni accessorie minori.

 

Da metà '900 con la rinascita postbellica ma soprattutto per il generale coinvolgimento nel processo di trasformazione sociale ed economica successiva al 1960, il legno è ricomparso in tutti gli edifici, nelle abitazioni come per ogni altra destinazione.

 

Anzi si è imposta l'idea che la più adatta tipologia architettonica per la montagna dovesse prevedere, assieme al tetto bifalde, un notevole uso di legno in vista; legno per poggioli, per balconi, per serramenti di porte e finestre, e possibilmente anche per vaste superfici di rivestimento; legno spesso colorato, mordenzato, verniciato, restituendo nell’insieme una caotica varietà rispetto al valore dell’omogeneità percettiva che il legno propone negli insediamenti storici.

 

Si è imposta, ultimamente, una "architettura dell'apparenza" indipendente dalla sostanza; il legno come rivestimento; come materiale indispensabile per la creazione di scenografie paesaggistiche sulle quali si è voluto - o creduto - di poter rappresentare caratteri identitari delle comunità, in ciò sostenuti ed incoraggiati dalle Imprese, dalle Immobiliari, dalle Agenzie Turistiche, dai regolamenti comunali, ma anche da un errato ruolo etico e professionale di noi tecnici progettisti nel momento in cui ci siamo dichiarati “portavoce del committente” anziché esserne interpreti dei bisogni e guida nella ricerca della più giusta soluzione nel nostro tempo.

 

Comunque tutti assieme, salvo rare eccezioni, dobbiamo riconoscerci responsabili nel aver veicolato un presunto gusto ed aspettativa del turista che riconoscerebbe in queste proposte l'autentico spirito della montagna; e in conseguenza una certa deriva e confusione identitaria che ha contaminato anche le popolazioni autoctone, ora per lo più incapaci di distinguere la loro autentica eredità culturale.

 

Non voglio ripetere una trita polemica ma esprimere un'autocritica per l'insufficiente capacità/possibilità di reazione rispetto alle occasioni fornite nella crescita edilizia dei decenni trascorsi, un’autocritica che forse ora è superflua, giacchè i segni di una nuova coscienza critica del costruire in montagna si stanno diffondendo ovunque e – mi sembra, sufficiente questa coscienza, ed il conseguente riferimento alla storia ed alle tradizioni    però rifiutando il conservatorismo nostalgico, per raggiungere una integrale reinvenzione della nostra tradizione (come ci ricordava tempo fa la prof.ssa Luisa Bonesio):

"inventare non tanto nel senso dell'escogitazione artificiale e della pratica ibridante così diffuse oggi, quanto in quello dell'invenire, del ritrovare le tracce e i frammenti di patrimoni culturali e simbolici gravemente danneggiati dall'ondata della modernizzazione, per farli di nuovo agire, nel contesto attuale, così da poter mantenere un profilo culturale singolare e riconoscibile, una differenzialità accanto ad altre specifiche fisionomie...".

 

Con questi intendimenti oggi possiamo  ripensare e riproporre l’idea della casa in legno; si tratta di far rinvenire un’attitudine antica ma assieme a questo si tratta di riscoprire il senso del costruire in un rapporto ecologico complessivo che veda nella casa una componente di totale compatibilità: sia nella fase di approvvigionamento dei materiali e loro messa in opera; sia per l’intero ciclo di vita dell’edificio; sia – alla fine – con la rimozione, dismissione e smaltimento degli elementi costruttivi che risultassero inservibili.

 

La casa in legno a cui possiamo oggi pensare risponde con il più pertinente assetto tipologico e costruttivo al modello planivolumetrico contemplato dagli strumenti urbanistici dei nostri comuni montani e certamente la casa in legno risulta compatibile con gli esiti paesaggistici immaginati dagli stessi piani.

 

In altre parole, le tipologie ricorrenti e attualmente realizzate, possono parimenti essere realizzate in legno, fornendo ulteriori garanzie e requisiti:

  • migliore prestazione antisismica;
  • migliore prestazione energetica;
  • migliore comfort abitativo.

Le Aziende (molte e valide presenti in Fiera), che offrono la costruzione di case in legno vi aggiungono anche altri requisiti,    tra cui:

  • possibilità di scelta su modello;
  • possibilità di realizzazione su progetto personale;
  • riduzione dei tempi di esecuzione;
  • totale osservanza del preventivo di spesa;
  • garanzia sull’ottenimento/mantenimento dei requisiti prestazionali prefissati;
  • altro ancora.

 

In considerazione dello stato congiunturale in essere e della sua probabile evoluzione nel tempo il costo della casa è fattore preponderante e decisivo.

 

Sempre più ridotte fasce di popolazione possono accedere alla casa, mentre comunque cresce il bisogno di abitazioni: ancora una volta la “QUESTIONE DELLE ABITAZIONI” investe il livello di civiltà di una nazione.

 

Dobbiamo riconoscere che la casa in legno, oggi offerta dal mercato, ha un costo uguale, se non superiore, alla casa costruita con altre tecnologie; questa è la prima impressione che si ricava dal confronto.

È possibile che, in questa analisi, persista una certa ignoranza che porta ad eludere una serie di voci di costo più o meno occulte che, una volta svelate evidenzierebbero comunque un vantaggio per la costruzione in legno.

 

Tuttavia il fattore culturale ricordato prima ma soprattutto il costo rappresentano fattori deterrenti che si dovrebbe poter rimuovere; la casa in legno dovrebbe costare meno, molto meno, e la sua affermazione dovrebbe essere incoraggiata da revisioni normative che facilitino il rapporto tra le varie componenti (Aziende, progettisti, costruttori) e su specifiche fasi di cantiere, facilitare anche l’autocostruzione.

 

È questa una sfida i cui presupposti ed effetti in parte mi sfuggono; è evidente l’elevato sviluppo tecnologico delle Aziende oggi sul mercato e la quasi perfezione delle Loro proposte; è quindi forse presuntuoso da parte mia immaginare che uguali prestazioni possano costare meno.

 

Tuttavia è istruttivo ricordare l’esperienza nata e sviluppata in Vorarlberg a partire dal 1970 circa, dove l’alleanza e collaborazione tra aziende produttrici di semilavorati in legno, tra carpentieri e progettisti, in collaborazione cogestione con i committenti, hanno dato vita ad un movimento il cui successo è dipeso proprio dalla scarsità di risorse economiche e di finanziamento che li portò ad escogitare nuovi sistemi costruttivi e nuove tipologieche – nel tempo – hanno caratterizzato e reso famosa a livello mondiale la Loro regione.

 

L’esperienza del Vorarlberg fondava le proprie radici in una storica tradizione per le costruzioni in legno, analoga a quella della nostra montagna bellunese; ma la loro tradizione l’hanno fortemente innovata progettando sistemi costruttivi di veloce realizzazione, assecondando la massima flessibilità nella disposizione degli ambienti, assumendo il criterio del minimo consumo di energia, favorendo l’utilizzo passivo di energia solare e l’uso di impianti solari e geotermici per la climatizzazione.

 

L’industria del legno ha corrisposto con grande interesse e flessibilità alle nuove esigenze degli architetti, sviluppando una vasta e innovativa gamma di semilavorati; industrie e tecnici si sono vicendevolmente istruiti e perfezionati e reciprocamente hanno usufruito dei vantaggi di questa comune ricerca.

 

Evidentemente anche questo spiega il nostro interesse per il partner austriaco in progetti come “Explore B2B” di questo convegno, così come il primato austriaco nelle proposte per case in legno.

 

Ma in provincia di Belluno è fattibile una simile alleanza per verificare la possibilità di una valida e più economica casa in legno?

 

È possibile avviare un processo di collaborazione con questi intenti?

 

Le aziende bellunesi del settore legno e i tecnici progettisti troveranno le motivazioni e l’entusiasmo per attivare assieme una ricerca con questi obiettivi?

 

Magari anche in vista di un premio: “premio per la migliore costruzione in legno” o meglio: “premio per la migliore e più economica costruzione in legno”!!

 

Mi avvio alla conclusione ma trattando di legno è necessario un accenno alle modalità di verifica e per ravvivare quella che è definita la “filiera corta” che provo ad esporre con alcune domande.

 

Per la riduzione dei tempi di approvvigionamento, per la promozione delle aziende boschive locali con attenzione al miglioramento dei livelli occupazionali sembra ovvio l’interesse all’uso di essenze legnose locali, allo sfruttamento massimo possibile dei nostri boschi.

 

Qual è la quantità e qualità del legname potenzialmente estraibile dai boschi bellunesi?

 

Quanto della potenziale produzione è ascrivibile ad essenze pregiate (per serramenti, rivestimenti, ecc.), quanto per carpenteria (strutture portanti), quanto per usi secondari e per biomasse?

 

Che rapporto c’è tra il legname estraibile dai boschi bellunesi e l’entità (produttiva e commerciale) delle aziende locali?

 

In che misura e per quali motivazioni si giustifica l’importazione di legname da territori non bellunesi?

 

Qual è l’assetto e la consistenza delle aziende del settore in rapporto al massimo sviluppo potenziale del settore?

 

Per lo sfruttamento dei boschi bellunesi molte incongruenze derivano dal talora confuso ed ambiguo svolgimento di ruoli tra le Regole (quali Enti proprietari) e il Comune amministrativo di appartenenza.

Le sole leggi del libero mercato e della globalizzazione non sono state in grado di soddisfare le esigenze del settore, così come per altre fondamentali questioni della nostra convivenza civile; è evidente che qualcosa non funziona se i nostri operatori non sono in grado di acquistare il legname locale e devono importarlo da fuori; si impone la necessità di un nuovo ruolo della politica che, nel settore, deve farsi carico di determinare una convenienza diffusa per l’affermazione della “FILIERA CORTA” che la ragione ed il buon senso direbbero economicamente più vantaggiosa.

 

A nome dell’Associazione Culturale Forum per l’Architettura concludo auspicando che già da questo convegno possano scaturire delle risposte.

E comunque auspico che i vari attori coinvolti nel settore legno trovino il modo per rincontrarsi a breve, per costruire una collaborazione attiva e noi, per la nostra parte, già anticipiamo disponibilità ed interesse.