Copiare o non copiare, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare i regolamenti, i vincoli e le commissioni dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli.
Copiare, per la legge italiana, è reato. Numerosi sono gli esempi, dal campo della moda con i falsi marchi e modelli, alle contraffazioni dell’arte, alle falsificazioni di titoli bancari, alla riproduzione di patenti, diplomi scolastici e persino lauree. Ogni giorno la cronaca rende noto al grande pubblico aspetti di illegalità conseguenti alla copiatura.

D’altronde chi di noi a scuola non ha mai copiato sfidando i rischi del brutto voto e della “nota sul registro”? Ma perché copiare il compito da un compagno è un’azione riprovevole da punire severamente? Così lo spiegava la mia maestra elementare: “Se tu copi, il tuo cervello non pensa e rimane sempre piccolo anche quando sarai cresciuto, il cervello è come un muscolo, va esercitato altrimenti si atrofizza e non funziona più con tutte le conseguenze che questo comporta”.

Ma tutto questo per l’edilizia quotidiana non è vero, anzi la copiatura è imposta dai regolamenti edilizi e dallo stillicidio di norme che, attraverso schemini e circostanziati articoli, ci impongono le tipologie tradizionali in nome di un non ben definito ed universale “inserimento armonico nel contesto”. Devi copiare il fabbricato vicino, a sua volta copiato. Per raggiungere tale scopo è stato introdotto anche il vincolo che, nato come elemento di tutela, si sta rivelando un assassino dell’identità culturale dei luoghi, e della montagna in particolare, oltre a rappresentare il fallimento politico dell’Amministrazione che, a fronte di nuove idee e soluzioni, si appiattisce sui dettati della legge del consenso con l’avvallo di compiacenti tecnici, architetti compresi.
Copiare o non copiare, questo non è il problema: bisogna avere il coraggio di prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Il cervello non può fermarsi e quelle che mancano sono le idee. Credetemi.

Arnelio Giovanni Bortoluzzi